domenica 29 agosto 2010

Filippo Maggiore del 1912


Il mio primo approccio con la fotografia non avvenne per caso. Mio padre, da sempre grande appassionato di fotografia, possedeva diverse fotocamere (una Rolleicord 6X6 con mirino a pozzetto, una Canonet 24X36 ed un apparecchio con l’obiettivo estraibile a mano ,del quale non mi ricordo né il formato della pellicola, né la marca). Aveva una vasta collezione di riviste di fotografia degli anni ’60. Alcune erano in lingua inglese, ma in fondo quello che contava erano le fotografie, naturalmente in bianco e nero. Mio padre metteva in pratica ciò che veniva mostrato nelle riviste. I risultati erano discreti. Quello che contava però non era lo scimmiottare dei grandi fotografi, ma ciò che aveva dentro e metteva in pratica. Molte foto per me sono dei capolavori. Per me la più bella è il ritratto di mia cugina Michela quando aveva 13 anni. Nel 1979, un pomeriggio assolato di luglio, mi spiegò come funzionava la sua Canonet. Mi parlò di profondità di campo, di tempi e diaframmi, di foto “artistica”. Mi disse principalmente: “Scatta”. Lo immortalai due, tre volte. Le sue foto più care che ho: al balcone in canottiera, indifferente, mentre fuma, seduto in poltrona. Da allora è stato un crescendo di interessi, sino all’acquisto della mia prima reflex, una Canon AE1. Da quel momento inizia la mia prima fase, quella della sperimentazione. Si fotografava con pochi soldi a quei tempi e senza grilli in testa. Usavo un sacchetto trasparente per simulare l’effetto flou, una o più lenti d’ingrandimento per la macro fotografia (o l’obiettivo al contrario appoggiato al corpo macchina) uno spioncino di porta acquistato da un ferramenta come fish eye!, e via dicendo. Improvvisavo, uscivo di casa con la macchina a tracolla, come tanti. Fotografavo al Capo, a Ballarò. Fotografai Enzo Jannacci, Papa Giovanni Paolo II. Poco, veramente poco, per paura di pesare troppo nel bilancio familiare. Fotografavo in bianco e nero. Ilford FP4 e HP5. Come supporti per diapositive, le Agfa 50 ASA, le Kodak, le Fuji. Mi stampava le foto in bianco e nero Licata di via La Marmora. Facevo “solo sviluppo”, provini a contatto e la stampa soltanto delle migliori. Partecipai soltanto ad un concorso fotografico a Trapani con un ritratto di mia madre (presagio!), ma niente di più. Acquistai il 20, il 24, il 135 millimetri, tutti Canon, il 500 millimetri catadiottrico Tamron. Nel frattempo mio padre, era il 1985, se n’era andato. La sua passione fotografica però era salva: era passata a me.